© Tutti i diritti riservati.

Martin Van Cleve Köchinnen
20 Ottobre 2022
,

Tra la strada e il focolare

Un anno pastorale tra la strada e il focolare. Si può sintetizzare in questa frase l’auspicio del nostro assistente Don Alberto che ci spiega come vivere questo anno all’insegna dell’invito di Gesù “Andate dunque” e del cammino sinodale di tutta la Chiesa.

“C’è però un altro fuoco, quello di brace. Lo troviamo in Giovanni, nel racconto della terza e ultima apparizione di Gesù risorto ai discepoli, sul lago di Galilea (cfr 21,9-14).
Questo fuocherello lo ha acceso Gesù stesso, vicino alla riva, mentre i discepoli erano sulle barche e tiravano su la rete stracolma di pesci. E Simon Pietro arrivò per primo, a nuoto, pieno di gioia (cfr v. 7). Il fuoco di brace è mite, nascosto, ma dura a lungo e serve per cucinare. E lì, sulla riva del lago, crea un ambiente familiare dove i discepoli gustano stupiti e commossi l’intimità con il loro Signore.” (Francesco, omelia per il concistoro, 27 agosto 2022)

Fuoco di BraceQuesta suggestiva immagine del fuoco di brace mi è rimasta nel cuore e mi aiuta in questi primi giorni dell’anno ad avere un punto di sintesi fra le tante icone bibliche e artistiche dei diversi itinerari dell’Ac nazionale (andate dunque Mt 28,16-20) e della nostra chiesa italiana e diocesana in cammino sinodale (Marta e Maria Lc 10,38-42).

Il Vangelo di Luca introduce così la pericope di Betania: mentre erano in cammino, entrò in un villaggio, e una donna di nome Marta lo ospitò.
Gesù è in cammino con i suoi discepoli: i suoi passi vanno di fretta mossi dalla passione per l’annuncio del Regno e si muovono decisamente in direzione di Gerusalemme. Il Maestro fa camminare i suoi, li coinvolge fin dall’inizio nel suo andare e nel suo essere “l’inviato” del Padre. Lui per primo cammina con loro, facendoli camminare dietro a Lui per seguirlo e davanti a Lui perché preparino il cuore degli uomini al suo arrivo. Ma proprio lungo questo cammino Gesù ha un luogo di sosta in cui torna più volte. Lui così itinerante da non avere “una pietra su cui posare il capo” (Lc 9,58), conosce a memoria la strada per un villaggio e si fa ospitare volentieri in una casa di volti amici, in una casa di sorelle e fratelli.
Lui che è venuto a far divampare il fuoco sulla terra (Lc 12,49), si fa mendicante di un focolare.
Mi piace giocare con la fantasia e pensare che Gesù, che amava mangiare e bere in amicizia tanto da essere per questo canzonato dai suoi avversari, abbia gustato cibi cotti in modi diversi in quella casa. Non è necessario essere cuochi provetti per sapere che diversi “fuochi” possono cucinare diverse pietanze. C’è il cibo che richiede una fiamma diretta e decisa (come la polenta taragna che si cucina sulle stufe di montagna); c’è il cibo che viene in modo spettacolare avvolto dalle fiamme (flambés, in verità l’ho visto solo nei film); c’è poi quello di brace su cui si fanno lentamente rosolare carne, pesce o…formaggio (gli alpini in bergamasca ne sono esperti); addirittura si può cuocere “sotto la cenere” (come ho visto fare a un campo scout). Non sappiamo quale fosse il menù della casa di Betania, ma sappiamo che non mancavano la fiamma decisa e diretta di Marta e il fuoco discreto e duraturo della brace di Maria.
Fuoco ArdenteEntrambe fanno parte del focolare che Gesù ama frequentare.
Forse anche in questa immagine si può trovare la scommessa del cammino della sinodalità: come non esiste un passo solo, non esiste nemmeno un fuoco solo e se quello di brace rischia talvolta di spegnersi, la fiamma viva rischia sovente di bruciare. 
L’unico fuoco è quello dello Spirito che si esprime in modi diversi nei temperamenti di ciascuno e nelle diverse stagioni della vita e il cammino di Chiesa chiede di custodire entrambi i registri: grandi idealità e piccoli passi; passioni brucianti e fedeltà ordinarie; solitudini necessarie e spirito gregario; schiettezza e discrezione e così via. 
La nostra vita anche in quest’anno pastorale è chiamata a stare tra la strada e il focolare.
Sulla strada per “andare dunque” a condividere con tutti la buona notizia del Suo camminare con noi.
Presso il focolare per sintonizzarci con le Parole del Maestro, per ritrovare la sua presenza come l’unica cosa che ci è necessaria e per cucinare insieme il cibo buono della fraternità.
All’inizio di un nuovo anno pastorale e associativo credo che siano i due doni che possiamo davvero chiedere: una passione bruciante che accenda il cammino e un fuoco di brace che ne sostenga la fatica.
Il versetto che chiude il brano di Matteo e l’intero suo Vangelo ha la forza alimentare entrambi: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Preghiera intorno al fuocoIl commento più commuovente e convincente di questa Parola l’ho avuta davanti agli occhi per non dimenticarla più nel pellegrinaggio sulle orme di don Seghezzi nel campo di concentramento di Dachau dove egli ha compiuto il dono della sua vita. I preti là imprigionati avevano costruito un tabernacolo di fortuna, oggi custodito nel Carmelo, e avevano inciso con un punteruolo nella latta con cui era costruita la portella proprio queste poche parole, che erano state la passione della loro intera vita e che in quel momento alimentavano la brace della resistenza. Ecco il focolare raggiungibile ad ogni latitudine, “la cosa sola di cui c’è bisogno” (Lc 11,42) da cercare, accogliere, custodire e alimentare, “l’Unico necessario al cuore, il solo di cui abbiamo veramente bisogno, di cui siamo bisogno” (M. G. Lepori)
Che quest’anno allora tutta l’azione cattolica possa trovarsi tra la strada e il fuoco!